Loading color scheme

Il fracking è una tecnica di estrazione che negli Stati Uniti ha cambiato il volto dell'industria petrolifera. Con conseguenze sull'ambiente e sull'economia

Fracking: un impianto di shale gas negli Stati Uniti (Luke Sharrett/Bloomberg/Getty Images)

Il 2018 volge verso il termine. Un anno che ha visto fortissime turbolenze sul mercato energetico e che rischiano di prolungarsi anche nel prossimo futuro, con diverse conseguenze in campo economico e politico. Questo è però anche l'anno di un'importante ricorrenza per tutta l'industria energetica, perché ricorrono i 20 anni dall'invenzione del fracking.

L'anniversario è passato quasi inosservato alle nostre latitudini, complice la concentrazione di questa industria negli Stati Uniti e in particolare in una ventina degli stati federali. Nonostante ciò le conseguenze di questo gigantesco cambiamento hanno avuto un impatto determinante su tutti i mercati globali, Europa compresa.

Questo sconvolgimento ha al centro, come tanto piace oltreoceano, l'ascesa di un imprenditore, George Mitchell. Figlio di un pastore di pecore greco, dagli anni '70 ha studiato diverse tecniche di scavo e di indagine del sottosuolo e a 83 anni è riuscito a vendere la sua compagnia, la Mitchell Energy, per un valore di 3,5 miliardi di dollari a un colosso americano dell'energia, la Devon Energy, di cui poi è divenuto il principale azionista.

Cos'è il fracking?
Questa tecnica è in realtà l'unione di due pratiche: ovvero horizontal drilling (trivellazione orizzontale) e hydraulic fracturing (fratturazione idraulica), entrambe usate da molti decenni nell'estrazione di petrolio e altri materiali.

La prima tecnica consente di scavare diversi pozzi attorno uno stesso giacimento, scendendo nel sottosuolo da diversi punti di ingresso e aggiungendo allo scavo principale una serie di pozzi “tributari” da cui massimizzare l'ammontare di petrolio e gas che si possono estrarre. L'hydraulic fracturing si basa invece sull'utilizzo di un'imponente quantità d'acqua, iniettata nei pozzi ad altissima pressione e temperatura che spezza le rocce nel giacimento. La stessa acqua è arricchita con sabbia e componenti chimici di diverso tipo. La prima si insinua fra le rocce, consolidando la loro spaccatura e lasciando gli idrocarburi liberi di uscire dal sottosuolo, mentre i secondi fungono da lubrificante per favorirne la cattura.

Fonte: U.S. Environmental Protection Agency

Perché il fracking?
L'interesse a controllare vaste riserve di petrolio da parte degli Stati Uniti è stata una delle linea guida principali e più resistenti di tutta la politica estera americana. Sin dall'inizio del ‘900 una scienza inesatta ha più volte sostenuto l'idea della “scarsità del petrolio” o della sua imminente fine. Il petrolio è stato più volte indicato come vicino al picco produttivo e destinato a una prossima flessione da cui il paese doveva necessariamente proteggersi. A rischio non vi era soltanto il progresso della prima economia al mondo ma anche le capacità del paese di difendersi da una “condizione di vassallaggio commerciale”. Da qui il sostegno a diversi interventi militari di cui le conseguenze sono oggi sotto i nostri occhi.

Gli ultimi decenni hanno però dimostrato che la realtà si allontana distintamente da questa visione catastrofica legata all'esaurimento delle risorse. L'economista e studioso italiano Leonardo Maugeri aveva teorizzato come ciclicamente il pessimismo legato alla futura offerta del petrolio sul mercato fosse poi seguito da un'ondata di sovrapproduzione e prezzi bassi. Già nel 1909 il geologo americano David Day annunciava che le più grandi riserve di petrolio degli Stati Uniti erano state scoperte. Un'affermazione che oggi appare quanto mai errata.

Un successo americano
L'argomento del fracking e delle cosiddette “riserve non convenzionali” di petrolio e gas suscita in molti un subitaneo rigetto per i riflessi ambientali che tale pratica comporta. Per capire il successo di questa tecnica occorre comprendere quale sia la differenza nella concezione delle risorse energetiche e della società dei consumi da parte degli Stati Uniti rispetto all’Europa.

Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente l'indice di intensità energetica per capite, ovvero quanta energia in media un abitante deve consumare per contribuire alla crescita del prodotto interno lordo del proprio paese, negli Stati Uniti è il più alto del pianeta. Il confronto con i paesi europei è inequivocabile. Un cittadino belga e uno estone, i peggiori nel nostro continente in ordine di consumi riferiti al pil, consumano circa il 30% in meno di un americano. Un italiano consuma in media circa il 38%.

Questa proporzione ha un limite, perché il pil americano è più di alto di quelli europei, ma il dato aiuta a capire quanto il modello economico sia impattante sullo stile di vita del singolo cittadino degli Stati Uniti. Un problema, quello della dipendenza da fonti fossili, che risale tutto lo spettro della società americana e su cui i politici d'oltreoceano da tempo giocano parte delle loro campagne elettorali.

Una crisi necessaria
L'industria degli idrocarburi è innanzitutto costosa. L'apertura di un pozzo è un investimento che può essere scaricato facilmente soltanto dalle grandi aziende, capaci di lavorare su larga scala. La complessità e la quantità di materiali e competenze nell'industria del fracking ne determinano costi ancora maggiori.

Non è un caso che il decollo dello shale oil e shale gas (un nome alternativo per petrolio e gas prodotti con metodi alternativi) sia avvenuto solamente nel 2009. È stato a seguito della crisi finanziaria, e non delle preoccupazioni riguardanti la sicurezza energetica degli Stati Uniti, che quest'industria ha potuto contare sul supporto del sistema bancario per iniettare i necessari capitali iniziali. Bethany McLean, giornalista del New York Times e autrice del libro Saudi America uscito nel 2018, afferma senza giri di parole che è stata proprio la Federal Reserve americana con la sua decisione sul costo del denaro a creare il boom del fracking.

In questo caso nulla è più espressivo dei dati a disposizione. Da quelli forniti dalla compagnia inglese British Petroleum nel giro di 10 anni la produzione di petrolio negli Stati Uniti è incrementata dell'87%.

Produzione di Petrolio negli Stati Uniti ( 2007-2017)
Dati: BP Statistical Review 2018

I benefici del fracking
I benefici alla popolazione sono legati principalmente all'effetto che l'industria estrattiva determina nell'area coinvolta dall'estrazione. In generale, si può affermare che il fracking ha determinato un calo importante e generalizzato del costo dell’elettricità.

L'arrivo di importanti compagnie ha anche portato all'apertura di nuove attività economiche e una circolazione maggiore dei capitali, portando a un aumento medio degli stipendi e della percentuale di occupati, non soltanto nel settore degli idrocarburi. Uno studio della Camera di commercio degli Stati Uniti parla di circa 4.300 posti di lavoro creati indirettamente dal fracking soltanto nello stato dell'Illinois, dalla lavorazione dei metalli alla vendita immobiliare, dalla cure sanitarie alle assicurazioni.

Secondo uno studio dell'Energy policy institute della University of Chicago si parla di circa 2.000 dollari di guadagno netto all'anno per singola famiglia che abita in una delle comunità toccate dal fracking. Allo stesso tempo si è allargata la pratica del leasing di appezzamenti di terreno da parte di latifondisti o semplici agricoltori verso le compagnie alla ricerca di rocce da frantumare. A questi va poi aggiunto l’incremento del valore delle abitazioni. Ecco perché il fiorire di questa industria nell’America rurale, colpita duramente dalla crisi finanziaria del 2008.

In tutti gli Stati Uniti si stimano in 1,7 milioni i posti di lavoro già creati dal fracking e si prevede che questi più che raddoppieranno da qui al 2035.

Il boom del fracking ha anche aiutato gli Stati Uniti a diminuire le emissioni di Co2. Un effetto legato soprattutto al minore consumo di carbone, utilizzato tuttora fonte principale nella produzione di energia elettrica a basso costo negli Stati Uniti. Nel periodo 2016-2017 un migliore utilizzo del carbone ha portato ad una diminuzione delle relative emissioni nell'atmosfera del 2,6%.

A quale costo?
L'impatto ambientale di questa industria è però tutt'altro che privo di conseguenze negative. Innanzitutto la quantità di acqua utilizzata per fratturare le rocce è copiosa. In base alla conformazione del terreno, al numero di pozzi utilizzati e le tecnologie implementate, comprese quelle per il riciclo dei fluidi, si va da un minimo di 5,7 ad un massimo di 60,5 milioni di litri d'acqua per un singolo pozzoUna risorsa che diviene sempre più preziosa in diversi stati del Sud degli Stati Uniti e il cui utilizzo andrebbe razionalizzato. 

Nel 2015 lo United States Geological Survey, il quale si occupa per conto del governo degli Stati Uniti di monitorare il territorio americano e le sue risorse, ha rilasciato un report che attesta come i terremoti di natura umana nei sette anni precedenti fossero aumentati vertiginosamente, scatenati proprio dalle operazioni dell'industria estrattiva di petrolio e gas. A riguardo il National Earthquake Information Center, con sede nel Colorado, ha stimato che nello stato dell'Oklahoma, dove storicamente vi sono in media 2 scosse all'anno sopra il livello 3 della scala Richter, nel corso del solo 2014 se ne erano registrate circa 585, per poi passare addirittura a 842 scosse nel 2015.

Uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, dimostra invece l'impatto del fracking sulle nuove nascite. Tramite un'indagine durata 9 anni e che ha coinvolto circa 1,1 milioni di neonati nello stato della Pennsylvania, si è dimostrata l'incidenza che l'industria avrebbe sul peso dei bambini appena nati. Nello specifico lo studio ha constatato che all'interno del raggio di 1 chilometro dallo scavo di un pozzo c'è una possibilità del 25% di avere un figlio dal peso inferiore ai 2,5 chilogrammi in confronto a un peso medio di 3,4 chilogrammi negli Stati Uniti. Nel raggio da 1 a 3 chilometri la stessa incidenza cala in una fascia compresa fra il 9-14%. Oltre i 3 chilometri di distanza dai pozzi non si può determinare alcuna correlazione diretta fra il fracking e il peso dei neonati.

Twitter: @Frank_Stones


Fonte: WIRED.it
 
 
 Possiamo aiutarti?