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Un team italiano propone un approccio alternativo per combattere i tipi più ostici di tumore: utilizzare nanoparticelle che, se bombardate con ultrasuoni, producono segnali elettrici per friggere le cellule cancerose, potenziando gli effetti della chemioterapia

(immagine: Pixabay)

Cancro? Friggiamolo con l'elettricità. Un'idea che un team tutto italiano sta rielaborando in chiave nanoscopica per sviluppare un approccio preciso e mirato contro le cellule del tumore. L'equipe, guidata da Gianni Ciofani dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit), ha utilizzato nanoparticelle biocompatibili piezoelettriche che si legano solo alle cellule cancerose e, quando bombardate con ultrasuoni (come quelli di una ecografia), generano una corrente elettrica a bassa intensità in grado di alterare l'equilibrio elettrochimico delle cellule, rallentandone la proliferazione. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Colloid and Interface Science.

Cancro fritto
Utilizzare una corrente alternata a bassa intensità all'interno del corpo per uccidere il tumore non è un'idea nuovissima: il principio è quello di disturbare il funzionamento di certe strutture cellulari (nello specifico i canali ionici del calcio e del potassio) che creano flussi di ioni tra l'interno e l'esterno delle cellule e che sono essenziali per la sopravvivenza. L'approccio, tuttavia, così non è preciso e rischia di influire non solo sulle cellule malate ma anche su quelle sane.

Nanoparticelle piezoelettriche
Per migliorare la strategia di attacco, i ricercatori dell'Iit e del Politecnico di Torino hanno avuto un'intuizione molto promettente: utilizzare nanoparticelle di materiale piezoelettrico biocompatibile che, una volta iniettate nel corpo, sono in grado di legarsi in modo specifico alle cellule di un certo tumore e, quando bombardate da ultrasuoni, di deformarsi generando un campo elettrico che altera l'equilibrio elettrochimico delle cellule malate.

“Da diversi anni il mio laboratorio studia i materiali piezoelettrici su nanoscala con l’obiettivo di trovarne applicazioni per la stimolazione cellulare senza bisogno di supporti esterni e invasivi come possono essere gli elettrodi”, ha spiegato a Wired Gianni Ciofani. “I materiali piezoelettrici, infatti, convertono l’energia meccanica in energia elettrica. Ciò significa che, quando vengono deformati da ultrasuoni come quelli utilizzati dalle classiche ecografie, generano un campo elettrico che all’interno di un organismo è potenzialmente in grado di influenzare il comportamento delle cellule”.

Ciofani e colleghi avevano già avuto prova della validità del sistema nel 2010, quando riuscirono ad attivare dei neuroni, e più di recente l’approccio è stato applicato alle cellule del tumore al seno, dando evidenza di diminuirne la proliferazione.

Elettricità contro il glioblastoma multiforme
Nel loro ultimo studio Ciofani e colleghi hanno pensato di testare l’approccio sul glioblastoma multiforme, un tipo aggressivo di tumore cerebrale. Hanno così progettato nanoparticelle di titanato di bario, un materiale biocompatibile dalle proprietà piezoelettriche. Le particelle, poi, dovevano essere abbastanza piccole (300 nanometri di diametro) da passare la barriera ematoenceflica che protegge il cervello, e – punto cruciale – capaci di legarsi in modo specifico alle cellule del cancro. A questo fine i ricercatori hanno rivestito le nanoparticelle di un polimero a cui sono stati legati anticorpi per il recettore della transferrina, che è una molecola presente in modo specifico (appunto) sulle cellule del glioblastoma.

Il team ha testato la strategia in vitro: ha fatto crescere piccoli tumori in provetta simulando anche la barriera ematoencefalica, e ha verificato il funzionamento delle nanoparticelle in combinazione con la somministrazione di un farmaco chemioterapico. “Le nanoparticelle rimangono adese alla membrana cellulare oppure vengono internalizzate nelle cellule cancerose. L’importante è che siano a contatto con i canali ionici”, chiarisce Ciofani. “Bombardate di ultrasuoni, si deformano e creano un piccolo campo elettrico che interferisce con il funzionamento dei canali ionici. Il campo elettrico da solo non è sufficiente a uccidere le cellule, ma abbiamo dimostrato che ne rallenta la proliferazione e aumenta in modo significativo l'efficacia della chemioterapia sul tumore”.

Una lunga strada
Il percorso da fare però è ancora lungo prima di poter parlare della ricerca come di un potenziale trattamento. I test in laboratorio, infatti, costituiscono un modello molto più semplice delle condizioni in vivo (cioè in un intero organismo). Per questo il prossimo step sarà quello di testare l'approccio in altri sistemi e infine di valutare l'efficacia in vivo. Non solo, il team ha anche in programma di sviluppare nanoparticelle con forme e dimensioni differenti così da migliorarne gli effetti piezoelettrici.


Fonte: WIRED.it
 
 
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